Davide Franconeri il giudice della terza edizione del talent ” The Coach”

1 Dicembre 2020 - 0:40

Davide Franconeri il giudice della terza edizione del talent ” The Coach”

Intervista a Davide Franconeri per The Coach

Quattro chiacchiere con Davide Franconeri, l’insegnante vincitore della seconda edizione di The Coach. Come prevedeva il premio, il ballerino è così diventato uno dei giudici del programma condotto da Agata Reale su 7Gold. Un’esperienza di cui ci ha parlato in questa intervista.

Salve Davide, partirei da una domanda molto semplice. Come ha conosciuto The Coach?

“Ho conosciuto The Coach nella seconda edizione, in cui sono stato tra i coach a concorrere. E’ partito tutto quando ho deciso di fare il provino con i bambini della mia scuola di ballo. Due coppie di questi sono state prese, oltre a me come coach. Abbiamo così vissuto questa esperienza, che è andata benissimo e da cui io, in qualità di insegnante, ne sono uscito vincitore. Il premio era quello di partecipare come giudice nella successiva edizione, quella che sta andando in onda ora su 7Gold, ed ho avuto questo onore”.

Secondo lei, qual è la cosa che rende il talent speciale rispetto agli altri?

“Sicuramente il mix proposto dai produttori Luca Garavelli e Marco Zarotti. A The Coach non manca niente: sia i coach e sia gli artisti non sono un numero, ma vengono tutelati e rispettati come persone. In primis grazie alla fase Accademica”.

Parliamo di lei. Quando è cominciata la sua passione per il mondo del ballo?

“Ce l’ho sempre avuta, ma ho iniziato tardi a ballare perché avevo 17 anni. Adesso ne ho 31. Sono stato trascinato dai miei genitori, che facevano corsi di balli caraibici con salsa e bachata. Mi hanno portato una sera con loro. Inizialmente, ho avuto un po’ di timidezza e pregiudizi sul maschio che ballava. Dopo, non me ne sono curato ed il ballo è diventato la mia vita, la mia passione, il mio lavoro. E’ già dieci anni che insegno, tant’è che ho aperto la mia scuola. Mi sono realizzato in quello che volevo. Sono ancora un ballerino, perché faccio le competizioni a livello internazionale, e sono anche un insegnante. Visto il Covid, la scuola attualmente è chiusa. E’ un brutto periodo per tutti, anche per noi. E’ stato quindi bello riuscire a fare andare avanti questa edizione di The Coach”.

Ci sono differenze tra fare il coach e il giudice, immagino.

“Ovviamente sì. Quando ho gareggiato, ci sono state tante emozioni e per questo non smetterò mai di ringraziare né Luca, né Marco. Ogni giorno c’era un’emozione, una crescita personale perché venivo messo costantemente alla prova. Mi ha formato tantissimo The Coach, oltre a darmi tanta consapevolezza. Quest’anno, nel ruolo da giudice, ho avuto una responsabilità tosta. Avevo al fianco gente con grande esperienza come Maura Paparo, Massimiliano Varrese, Bianca Atzei, Meriam Jane. Mi sono sentito all’inizio un pesce fuor d’acqua, ma poi mi sono sciolto e sono entrato appieno nel meccanismo. La cosa più brutta era quella di dover mandare a casa delle persone. Prima di essere un giudice sono un ballerino e quindi mi stava stretto quel compito lì. Era una responsabilità. Immaginavo i sacrifici fatti da ciascun concorrente per essere lì perché per primo li ho vissuti. Questo mi ha dato un po’ di agitazione, di ansia. Consideri poi che un no dato ad un ragazzino è diverso rispetto a quello dato ad un adulto. Noi giudici abbiamo sempre cercato, anche in caso di no, di spronare tutti quanti, di dare un consiglio. Affinché i no servissero come tesoro per il futuro”.

Ha già parlato di Luca Garavelli e Marco Zarotti, i produttori di The Coach. Come si è trovato con loro? E con la conduttrice Agata Reale?

“Mi sono trovato benissimo con tutti e tre. Luca, Marco e Agata, all’inizio, ti mettono alla prova, com’è giusto che sia, per tirare fuori il carattere. Però ho sempre avuto la sensazione del fatto che per loro nessuno dei concorrenti fosse un numero. Alla fine dell’esperienza, ti rimane qualcosa: ti scavano dentro e quello che c’è dietro è davvero ottimo dal punto di vista professionale. The Coach ti migliora sia a livello professionale, sia a livello umano. In questo Luca, Marco e Agata sono stati dei maestri. Mi hanno formato tanto e non posso far altro che ringraziarli, anche perché ammiro e stimo il loro lavoro”.

C’è una cosa che mi ha colpito molto del talent: la fase Academy, dove ogni protagonista si può raccontare, scoprire dei lati inediti di se.

“Sì, è uno stage fatto da Agata emozionale e formativo. Viene seguito sia dai concorrenti, sia dai coach. Si scava dentro se stessi, nelle proprie paure e gioie. Ad esempio, non ho avuto una vita difficoltosa come quelle di altri, ma ho capito delle cose lo stesso. Anche sentire dei racconti pesanti può essere emozionante. Con la fase Academy, Luca, Marco e Agata riescono a tirarti fuori quella cosa in più, che poi porta tutti ad essere maggiormente forti in scena. Un aiuto che in altri talent non c’è. Con Garavelli sono andato in giro per le scuole di tutta Italia a fare dei provini nelle scuole e fin da lì, anche senza telecamere, quello che cerchiamo è sempre il massimo, spronando magari un ragazzo timido e introverso a fare delle cose, a mettersi alla prova. Lo stesso discorso vale per il coach, che non deve esibirsi, a cui facciamo delle domande e che scegliamo anche tramite varie simulazioni per capire come si comporterà, nel caso, nel programma”.

C’è qualche aneddoto legato a The Coach che gli è rimasto più impresso?

“Ce ne sono tanti. Il primo è avvenuto quand’ero concorrente. Sono una persona “paurosa” ma, grazie a loro, sono riuscito a trovare la forza di fare bungee jumping da 25 metri in un parco. Mai pensavo di poterlo fare, invece ci sono riuscito con tanta soddisfazione e forza. Da giudice, l’affetto dei ragazzi, dei concorrenti e dei miei colleghi giudici è bello da ricordare. Non pensavo che i giudici, essendo vip, mi dessero tanta confidenza. Invece ho trovato persone umilissime, che mi hanno messo a mio agio, e con cui mi sento ancora. Mi hanno dato la giusta carica e sono riuscito a tirar fuori me stesso”.

Credo che fosse anche intimorito da loro. Suppongo che qualcuno l’avesse giudicato nell’edizione precedente…

“Beh, certamente. Per esempio, Maura mi ha giudicato ed ho avuto con lei un battibecco quando ero coach. In giuria, l’ho avuta a fianco e mi sono trovato bene. Quando sei coach non ti rendi conto di tante cose; tendi ad attaccare la giuria perché ci hai lavorato tanto con un determinato concorrente, conosci il suo talento anche se non fa una performance buona e non riesci a scindere dalla singola esibizione di quel momento. Essendo in giuria, mi sono invece reso conto che il ruolo era completamente diverso. Non conoscevo nessun concorrente e l’impatto con loro era differente. Ho giudicato davvero soltanto quel minuto e quaranta offerto dall’artista, senza nessun contorno precedente”.

  •