Dopo alcune settimane di pace, con il trend della curva del contagio che sembrava andare verso il ribasso, negli ultimi giorni sono tornati a salire i casi di covid-19 legati alla variante Omicron.
“In Italia la circolazione virale è ancora molto alta. Sono tre le ‘sorelle’ della variante Omicron (B.1.1.529) del virus SarsCoV2 attualmente in circolazione in Italia, dove non si rileva più la presenza della Delta né di varianti diverse dalla Omicron.
Quest’ultima rappresenta ormai il 100% del virus circolante, ma la sua prima versione, la BA.1 si sta contraendo per l’incalzare della BA.1.1, presente per il 36%, e della BA.2, pari al 5%.Una terza
sottovariante, BA.3, è al momento molto poco presente. E’ quanto indicano le analisi del Ceinge-Biotecnologie avanzate, basate sui dati della banca internazionale Gisaid.
“Eravamo abituati a parlare di BA.1, che al momento costituisce il 53% del virus in circolazione nel nostro Paese, ma in realtà le ‘nuove Omicron’ sono nuove varianti”, osserva il genetista
Massimo Zollo, coordinatore della Task force Covid-19 del CeingeI dati della Gisaid sono stati elaborati da Angelo Boccia, del gruppo di Bioinformatica del centro, coordinato
da Giovanni Paolella. BA.1 è quella prevalente, se si considerano tutti i casi di infezione degli ultimi 60 giorni, ma si sta gradualmente assottigliando,
mentre BA.2 e BA.1.1 si stanno progressivamente espandendo”, osserva Boccia. Analizzando poi le mutazioni accumulate dalle sotto-varianti, emerge che è possibile
parlare di somiglianze di famiglia solo fino a un certo punto. “La sottovariante BA.1.1 è molto simile alle BA.1, da cui deriva. BA.2, al contrario, presenta mutazioni che la
differenziano da BA.1”, osserva Boccia.”Si osservano anche nuove mutazioni, che non si sa se prenderanno piede”, dice Zollo. Quello che si sta vedendo, prosegue il
genetista, è che in tutte le sottovarianti di Omicron “la maggior parte delle mutazioni si trova nella proteina Spike (S), con la quale il virus aggredisce le cellule umane”.
Un fenomeno, rileva Zollo, che “potrebbe far pensare che il virus stia cercando nuove chiavi di ingresso e vie d’uscita per sfuggire agli anticorpi. Tuttavia, ha concluso Zollo, “per
dimostrare questa ipotesi occorrono dati consolidati”. Quanto alle altre mutazioni osservate, queste si trovano soprattutto sulla proteina
Nuclecapside (N), importante perché aiuta il virus a replicarsi, e sulla quale non si nota al momento una pressione selettiva”.