Vanificare la vittoria del centrodestra in Senato: è palese l’obiettivo che si cela dietro il patto siglato tra Partito Democratico e Azione. «Niente è già scritto, nemmeno il risultato del voto», è il convincimento del Nazareno. E strappando i collegi giusti grazie all’accordo con Calenda si può arrivare «se non a vincere, quantomeno a vanificare la vittoria degli altri». Non tutti però condividono i medesimi intenti: il leader di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni non ci sta: con i Verdi torna a pensare all’alleanza con il Movimento 5 Stelle.
In concreto l’obiettivo del patto tra Calenda e Letta non appare così irraggiungibile. Per farlo, spiegano fonti Dem, «può essere sufficiente crescere del 3-4%» a livello nazionale rispetto agli ultimi sondaggi. Cioè la coalizione di centrosinistra dovrebbe arrivare a toccare più o meno il 37%. E vincere nei 16 (o 25?) collegi che erano in bilico in caso di rottura con Azione. L’intesa 70-30 sull’uninominale porterà al duo Azione/+Europa tra i dieci e i quindici seggi. Mentre al Pd ne dovrebbero arrivare tra i 35 e i 40. E i collegi maggioritari sono decisivi nel Rosatellum.
Le simulazioni disponibili in ogni caso dicono che la sfida si giocherà in 46 collegi decisivi: 17 al Senato e 29 alla Camera. E qui i nomi dei candidati saranno fondamentali. La Sardegna, il V municipio di Roma, le circoscrizioni campane come Salerno e Torre del Greco, Rossano in Calabria e Potenza in Basilicata sono tutte aree orfane del clamoroso consenso avuto dai grillini alle urne del 2018. Così come i collegi toscani (Arezzo, Prato), e ancora Trento e Bolzano, buona parte della Liguria, Bari e Ancona. Tutti collegi decisivi nei quali, secondo i Dem, grazie all’accordo con Calenda ora la partita torna in parità.
Matteo Renzi già fa notare che con l’accordo tra Pd e Azione a brindare sono Lega e Forza Italia. Il ragionamento dell’ex premier è che ora il Terzo Polo perde la sua capacità di attrattiva nei confronti degli elettori del centrodestra che non gradiscono l’abbraccio con il populismo. Ad oggi il leader di Italia Viva è ancora determinato ad andare da solo. «Noi non possiamo stare in coalizione con chi ha votato 55 volte contro Draghi», è il refrain. Ieri Letta è tornato a lasciare le porte aperte a Renzi. Che però non ha intenzione di accettare il “diritto di tribuna” proposto a Di Maio.