Coronavirus, la preghiera di Papa Francesco: “Tutti sulla stessa barca: tutti”

27 Marzo 2020 - 18:28

Coronavirus, la preghiera di Papa Francesco: “Tutti sulla stessa barca: tutti”

Venerdì 27 marzo, papa Francesco ha presieduto un momento di preghiera straordinario, per molti versi senza precedenti, annunciato lo scorso 22 marzo al termine della preghiera dell’Angelus.

L’orazione — il cui testo integrale è qui — è stata tenuta sul sagrato della basilica di San Pietro, con la piazza vuota, e trasmessa in mondovisione.

Il momento di preghiera ha previsto un momento di ascolto della Bibbia, una supplica «in questo tempo di prova», l’adorazione eucaristica, e sarà conclusa da una benedizione Urbi et Orbi («Alla Città — cioè a Roma — e al Mondo») a cui sarà annessa la possibilità di ricevere l’indulgenza plenaria. La formula dell’indulgenza sarà pronunciata dal cardinale Angelo Comastri, Arciprete della Basilica di San Pietro.

L’indulgenza plenaria è lo strumento che — secondo la dottrina cattolica — rimette totalmente le pene che sono state maturate con i peccati (anche quelli che sono stati già perdonati da Dio e assolti dal sacerdote con la confessione). Secondo la dottrina cattolica, quelle pene — se non rimesse — verrebbero scontate nel Purgatorio. Per conseguire le indulgenze, i fedeli devono pentirsi, ripudiare il peccato e confessarsi.

Il brano di Vangelo scelto è stato quello della tempesta sedata: vi si racconta dell’attraversamento notturno del mare di Galilea quando giunta una tempesta di vento, che rischia di far affondare la barca sulla quale si trovano, i discepoli svegliano Gesù, che «stava a poppa, e dormiva», con le parole: «Maestro, non ti importa che siamo perduti?». Gesù, dopo aver calmato il mare con un rimprovero, chiese ai discepoli: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».

Di fronte al virus, ha detto il Papa, siamo «tutti sulla stessa barca: tutti». «Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi», ha detto il Papa. «Ci siamo ritrovati impauriti e smarriti. Ci sentivamo forti e capaci di tutto. Ma la tempesta ha smascherato la nostra vulnerabilità e lasciato scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri ego sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli».

Il Papa ha già compiuto, il 15 marzo, una preghiera speciale, andando a piedi alla Basilica di Santa Maria Maggiore, dove si trova l’immagine di Maria Salus populi Romani (dove andò la mattina dopo la sua elezione) e alla chiesa di San Marcello al Corso, dove si trova il crocifisso che nel 1522 venne portato in processione per i quartieri della città perché finisse la «Grande Peste» a Roma. Il «crocifisso miracoloso», in legno del XV secolo, è venerato sin dal 1519, da quando fu l’unico oggetto rimasto illeso dopo un incendio che distrusse la chiesa che lo ospitava. (Corriere)

  •