Carabinieri torturatori arrestati, la mamma di Montella: “Tutti bravi ragazzi”

24 Luglio 2020 - 17:13

Carabinieri torturatori arrestati, la mamma di Montella: “Tutti bravi ragazzi”

L’inchiesta che ha visto l’arresto di sei carabinieri e addirittura il sequestro di una intera caserma, la Levante di Piacenza, continua a far discutere. Il quotidiano La Stampa ha chiesto un commento ai genitori di uno degli indagati, l’appuntato Giuseppe Montella: la mamma, scrive il giornale torinese, stenta a crederci. «Mio figlio è un bravo ragazzo…», le sue parole.

«Anche Salvatore, Giacomo, Daniele, gli altri carabinieri che qui erano di casa, sono tutti bravi ragazzi – continua – tirano fuori Gomorra perché veniamo da Napoli. Se Peppe era di Piacenza non lo dicevano. Mio figlio si stava laureando in giurisprudenza, non ci credo a tutte quelle storie che ho sentito in televisione».

Poi però la mamma ferita aggiunge: «Se venisse fuori che era tutto vero, è giusto che mio figlio paghi per quello che ha fatto». Quanto alle foto in cui agitavano le banconote, la versione dell’appuntato era che «non erano in caserma e con gli amici avevano vinto al Superenalotto». I conti dei genitori erano peraltro intestati al figlio, quindi ora sono stati bloccati: «Gli altri venti conti non so da dove spuntino…», dice la donna.

«La personalità dell’indagato rivela come egli abbia la profonda convinzione di poter tenere qualunque tipo di comportamento, vivendo al di sopra della legge e di ogni regola di convivenza civile». Per il gip di Piacenza, Luca Milani, è questo Giuseppe Montella, detto ‘Peppe’, 37 anni, napoletano, il leader del gruppetto di carabinieri accusati di pestaggi, estorsioni, spaccio e anche di tortura. Un uomo che «non mostra paura di nulla ed è dotato di un carattere particolarmente incline a prendere parte ad azioni pericolose e violente».

I Fatti

Basti pensare che uno dei pusher tenuti in scacco dai militari della stazione Levante, di fronte agli investigatori che lo sentono per l’indagine, si dice disposto subito a formalizzare una denuncia, anche a costo di essere rimpatriato perché non in regola con i documenti, poiché la situazione per lui non era più sostenibile.

Dalle foto su Facebook, a bordo piscina della sua villa, sembra un padre affettuoso, sempre sorridente, amante della famiglia. E infatti alla famiglia raccontava le sue gesta – lui che definiva il suo gruppo «una associazione a delinquere» e diceva di essere a capo della «piramide» – senza tralasciare i particolari più cruenti.

Accennando alla moglie di una operazione di servizio appena conclusa, dopo aver sottolineato di essersi stirato un muscolo correndo dietro a uno spacciatore le dice senza problemi: «Amore, però lo abbiamo massacrato». L’essersi fatto male, «perché ho corso dietro a un negro», diventa anche un racconto per il figlio undicenne, che incuriosito lo incalza: «L’hai preso poi?, Gliele avete date? Chi eravate? Chi l’ha picchiato?».

«Eh, un pò tutti», è la risposta dell’appuntato che, come per vantarsi, precisa che anche i suoi colleghi avevano picchiato lo straniero. E ancora, sempre parlando con la moglie, raccontando le fasi dell’arresto di un maghrebino, si vanta così: «Questo c’ha fatto penare… Mamma quante mazzate ha pigliato… Abbiamo aspettato là dieci minuti, siamo riusciti a bloccarlo, non parlava, e ha preso subito due-tre schiaffi. Ne ha prese amore… in Caserma, amore! Colava il sangue, sfasciato da tutte le parti. Un ragazzino del ’96. Non ha detto ‘A’».