È arrivata la parola “fine” sulla vicenda giudiziaria di Alex Cotoia, il giovane di Collegno (Torino) accusato dell’omicidio del padre, ucciso nel 2020 con 34 coltellate all’interno dell’abitazione di famiglia. La Corte di Cassazione ha confermato oggi la sentenza di assoluzione pronunciata lo scorso gennaio dalla Corte d’Assise d’Appello di Torino, riconoscendo definitivamente che il ragazzo agì per legittima difesa.
Con questa decisione si chiude una drammatica storia familiare durata cinque anni e scandita da cinque diversi gradi di giudizio. Secondo le ricostruzioni, Alex – allora appena diciottenne, oggi ventitreenne – intervenne per difendere la madre e il fratello dalle continue violenze e vessazioni del padre, finendo per ucciderlo durante una colluttazione. Negli anni successivi, il giovane ha scelto anche di cambiare cognome, assumendo quello materno.
«Questa volta è davvero finita: Alex ora può cominciare a vivere», ha dichiarato all’Adnkronos l’avvocato Claudio Strata, suo difensore.
In primo grado il ragazzo era già stato assolto per legittima difesa, ma nel 2023 la Corte d’Appello lo aveva condannato a sei anni, due mesi e venti giorni di reclusione per omicidio volontario. La Cassazione, però, aveva successivamente annullato quella decisione, disponendo un nuovo processo d’appello. Nel cosiddetto “appello bis”, la sentenza era tornata all’assoluzione – ora confermata in via definitiva dalla Suprema Corte.
La Quinta sezione penale della Cassazione ha accolto le tesi della difesa, dichiarando inammissibile il ricorso presentato dalla Procura generale di Torino, che sosteneva la colpevolezza del giovane. Secondo l’accusa, infatti, la sentenza d’assoluzione era “illogica” e le prove sarebbero state “travisate”, poiché non vi sarebbero state tracce di colluttazione tali da giustificare la legittima difesa.
I giudici d’appello, al contrario, avevano spiegato che le 34 coltellate non furono mosse da “odio, frustrazione o rabbia”, ma costituirono un gesto di legittima difesa putativa: una reazione istintiva a una percezione di pericolo imminente.
Nelle motivazioni si legge che Alex Cotoia agì “fino a quando constatò che il padre non costituiva più una minaccia”.
Fonte: Fanpage.it