ARTE, a Napoli la MOSTRA ‘NAFRICA-MASCHERE (Memorie & Identità / Uomini o Maschere)’

15 Ottobre 2025 - 19:32

ARTE, a Napoli la MOSTRA ‘NAFRICA-MASCHERE (Memorie & Identità / Uomini o Maschere)’

MOSTRA 

NAFRICA-MASCHERE 
(Memorie & Identità / Uomini o Maschere)

A cura di SIMON NJAMI

Una mostra sull’eredità coloniale italiana, l’identità, la memoria e la potenza trasformativa dell’arte contemporanea

Anteprima stampa: 15 ottobre 2025

Apertura al pubblico: 16 ottobre 2025
Ingresso libero tutti i giorni / dalle 11:00 alle 16:00 tranne festivi e mercoledì

Sede: Museo e Real Bosco di Capodimonte, Napoli 

A cura di: Simon Njami                                                                                                                                                             

Testi: Simon Njami

Nell’ambito delle celebrazioni Napoli2500 con la direzione artistica di Laura Valenteil Comunee il Museo e Real Bosco di Capodimonte, diretto da Eike Schmidt, ospiteranno la mostra NAFRICA-MASCHERE a cura di Simon Njami e prodotta da Andrea Aragosa per Black

tarantella. L’appuntamento è realizzato in collaborazione con il Ministero della Cultura, Dipartimento Valorizzazione Patrimonio Culturale; l’Università Federico II di Napolil’Università L’Orientale e MUCIV, Museo delle Civiltà. La mostra affronta le radici irrisolte del colonialismo italiano in Africa, interrogando il rapporto tra memoria, identità e i linguaggi dell’arte contemporanea.

Si ripercorre, da un lato, l’influenza che la scultura africana ebbe sui movimenti artistici del primo Novecento e, dall’altro, la narrazione coloniale che ha profondamente segnato la storia culturale italiana. Dalla Biennale di Venezia del 1922, dove furono mostrati per la prima volta manufatti di “arte primitiva”,

alle grandi esposizioni coloniali di Napoli (1934 al Maschio Angioino e 1940 alla Mostra d’Oltremare), il percorso mette in luce il modo in cui “l’ideologia coloniale” si è servita delle arti per consolidare il proprio immaginario. Elemento centrale della mostra è il lavoro di una figura controversa come l’antropologo

fiorentino Lidio Cipriani, i cui viaggi documentati tra il 1923 e il 1927 verso il Corno d’Africa – attraverso fotografie, testi e calchi facciali policromi – rivelano la costruzione scientifica e culturale dell’“altro”, del “diverso”, del “Negro”. Questi materiali, provenienti dal Museo di Antropologia dell’Università Federico II di Napoli, sono presentati non tanto come reperti, ma come documenti della violenza ideologica che contribuì a giustificare schiavitù, segregazione e le leggi razziali del 1938.

“Accanto a questo inquietante archivio visivo, venticinque artisti contemporanei, africani ed europei, sono stati invitati a “rispondere” con opere nuove o esistenti, mettendo così in dialogo due registri opposti: da un lato, la riduzione del volto umano a oggetto coloniale; dall’altro, la riaffermazione della soggettività attraverso l’arte. Non si tratta di una semplice denuncia, ma di un confronto visivo capace di generare nello spettatore una consapevolezza profonda e non

mediata, ciò che Jean-Paul Sartre definiva ‘lo shock dell’essere visti’. Questa mostra è necessaria. Dipinge un quadro terribile dell’immobilità della storia e del modo in cui siamo incapaci di imparare da essa. La storia non appartiene a un popolo. È l’esplosione dell’incontro. E se la propaganda del nazismo affermava che

la storia è sempre scritta dai vincitori, allora è giunto il momento di riscriverla. La mostra si sviluppa come un libro visivo: ogni opera, ogni documento d’archivio diventa una nota o un’illustrazione di un racconto collettivo ancora in costruzione. L’obiettivo non è proporre una morale o una lettura univoca, ma aprire uno spazio di risonanza critica, dove l’arte possa agire come strumento di esorcismo e riscrittura”, come spiega il curatore Simon Njami.

Artisti in mostra: Antonio Biasiucci, Assunta Saulle, Bruno Ceccobelli, Délio Jasse, Edson Chagas, Euridice Zaituna Kala, Felice Levini, Férielle Doulain-Zouari, Gonçalo Mabunda, Jean Lamore, Maria Magdalena Campos, Mario Ciaramella, Maurice Pefura, Michèle Magema, Michele Zaza, Mwangi Hutter, Myriam Mihindou, Pascale Marthine Tayou, Pélagie Gbaguidi, Theo Eshetu, Ugo Giletta.

Pensata come mostra itineranteNAFRICA-MASCHERE è concepita per evolversi: nuove opere, nuovi artisti e nuovi contesti potranno integrarsi lungo il suo percorso, generando ogni volta rinnovati spunti di riflessione e dibattito.

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Edson Chagas Serie Tipo Passe Pablo P. Mbel, 2014 Stampa digitale su carta Photo Luster / Digital print on Photo Luster paper 100 x 80 cm Courtesy APALAZZOGALLERY
Pascale Marthine Tayou
Masque bronzé, 2019
Maschera in legno, tecniche miste / Wooden mask, mixed media
© ADAGP, Parigi – Courtesy dell’artista e GALLERIA CONTINUA
Euridice Zaituna Kala Modele I (Personal archives: an exercise on emotional archaeologies), 2020 4 elementi in vetro su struttura metallica / 4 pieces of glass on a metal frame 160 x 52 cm Courtesy dell’artista e Gallery Anne Barrault
Maurice Pefura
Rifaccio, 2025
Tecniche miste / Mixed media
50 x 50 cm
Workshop 2025, San Vittore – extract
Courtesy dell’artista

LE DICHIARAZIONI

Il sindaco di Napoli: NAFRICA-MASCHERE è un progetto che parla di memoria, di responsabilità e di sguardi sul futuro. Ripercorrere, attraverso l’arte, le tracce del nostro passato coloniale significa confrontarsi con un capitolo doloroso della storia e scegliere di trasformarlo in conoscenza e consapevolezza. Questa consapevolezza riguarda soprattutto le nuove generazioni: offrire ai giovani gli strumenti per comprendere la complessità del passato significa renderli protagonisti di un futuro più giusto, più aperto e più solidale.

La collaborazione tra Comune, Museo e Real Bosco di Capodimonte e Napoli 2500 sotto la direzione artistica di Laura Valente, testimonia la forza delle istituzioni quando operano insieme per costruire una memoria condivisa e aperta. Questa mostra ci ricorda che l’arte non è solo bellezza, ma anche coscienza civile: uno strumento per comprendere chi siamo e per immaginare, insieme, una società più giusta, più consapevole e più capace di futuro”.

Il direttore generale del Museo e Real Bosco di Capodimonte Eike Schmidt: “Siamo lieti di accogliere a Capodimonte un progetto così originale con il quale Napoli 2500 ha voluto confrontarsi con la cultura africana e la sua indiscussa influenza sull’arte contemporanea ma anche con un passato di orrori ideologici, dal razzismo al colonialismo, che non vanno mai dimenticati, giustificati e men che mai assolti.

Ringrazio Laura Valente, direttrice Artistica delle celebrazioni, e Simon Njami, figura di spicco del panorama curatoriale internazionale, per averci invitato a questa riflessione sul ruolo dell’arte, e quindi dei musei, nella rielaborazione di una storia finalmente globale”.

La direttrice artistica di Napoli 2500: “Abbiamo voluto inserire nelle celebrazioni di Napoli 2500 un progetto che supera la commemorazione per farsi atto critico, rilettura e possibilità di riscrittura. La collaborazione con il Museo e Real Bosco di Capodimonte, diretto da Eike Schmidt, eccellenza del patrimonio culturale italiano, è per noi tanto strategica quanto simbolica: è nei luoghi del canone che oggi è urgente aprire varchi, sollevare domande, accogliere nuovi sguardi. Simon Njami ci invita a confrontarci con memorie e volti imprigionati negli stereotipi, identità deformate da narrazioni univoche.

Napoli, città dalla memoria stratificata e dalle identità mobili, con questa mostra affronta il rimosso del colonialismo italiano e si propone come ponte tra i nostri Sud e quelli del mondo. Una frizione fertile, che restituisce all’arte il suo ruolo più profondo: spazio di confronto e di trasformazione condivisa”.

Il produttore di Black Tarantella, Andrea Aragosa: “Le Maschere sono quelle indossate da milioni di donne, bambini e uomini che, per sfuggire a persecuzioni, fame, miseria e carestie, mettono a repentaglio la loro stessa vita per trovare un approdo su questa sponda del mare nostrum. Un mare che porta conoscenze, culture e miti millenari, ma che rimane per troppi un abisso senza ritorno.

La memoria dei tanti che sono sepolti in quel mare sembra rivivere attraverso le maschere di questa esposizione che ci costringe a non dimenticare”.

www.capodimonte.cultura.gov.it

www.instagram.com/napoli2.500/

PRESS RELEASE

NAFRICAMASCHERE 

Memory & Identity / Men or Masks

An exhibition confronting Italy’s colonial legacy, identity, memory, and the transformative power of contemporary art

Opening:  October 15, 2025
Venue: Museo e Real Bosco di Capodimone, Napoli
Curator: Simon Njami                                                                                                                                                                                Concept text by: Simon Njami

As part of the Napoli2500 celebrations, under the artistic direction of Laura Valente, the City of Naples and the Capodimonte Museum and Royal Park, directed by Eike Schmidt, will host the exhibition NAFRICA – Masks, curated by Simon Njami and produced by Andrea Aragosa’s Black Tarantella.

The exhibition NAFRICAMASCHERE – Memory & Identity / Men or Masks explores the unresolved legacies of Italian colonialism in Africa and the complex entanglements between memory, historical violence, and contemporary artistic re-appropriation.

Through a dual curatorial lens, the exhibition retraces Italy’s colonial imagination—intertwining early 20th-century European fascination with so-called “primitive art” and the brutal ideological machinery that shaped racial hierarchies and exclusionary narratives. From the 1922 Venice Biennale to the colonial exhibitions of Naples in 1934 and 1940, NAFRICAMASCHERE revisits key moments where art, propaganda, and empire collided.

Central to the exhibition is the anthropological work of Lidio Cipriani—his photographs, writings, and polychrome facial casts (1923–1927), preserved at the Museum of Anthropology, University of Naples Federico II, are re-presented not as scientific artefacts, but as disturbing testaments to the construction of the “other” in colonial discourse. These archival materials—once instruments of racial ideology—are now recontextualized and interrogated.

Alongside these historical documents, NAFRICAMASCHERE invites 25 international contemporary artists—African and European—to respond. Their works do not merely illustrate or comment but act as visual counterpoints and ethical challenges. Through this dialogic curatorial structure, the exhibition opposes two visual regimes: one rooted in the objectification of the human body, the other in the reclamation of subjectivity, multiplicity, and dignity.

Rather than imposing didactic interpretation, the exhibition functions as a visual palimpsest: a sequence of “notes” and “illustrations” where the past is neither buried nor glorified but laid bare. The goal is not moral judgment but the awakening of a critical gaze—what Jean-Paul Sartre described as “the shock of being seen.”

Artists include: Pascal Marthine Tayou, Delio Jasse, Gonçalo Mabunda, Bruno Ceccobelli, Michèle Magema, Antonio Biasiucci, Maria Magdalena Campos, Meschac Gaba, Kader Attia, Michele Zaza, Tonel, Felice Levini, Mario Ciaramella, Assunta Saule, Kudzanai Chiurai, Theo Eshetu, Edson Chagas, Bili Bidjocka, Maurice Pefura, Euridice Kala, Mwangi Hutter, Ugo Giletta, Maïmouna Guerresi, Jean Lamore, Zanele Muholi, Marlene Dumas.

African and diasporic artists such as Pascal Marthine Tayou, Michèle Magema, Meschac Gaba, Kudzanai Chiurai, Zanele Muholi, and Maurice Pefura examine themes of historical memory, the body, and identity politics.

European artists including Bruno Ceccobelli, Antonio Biasiucci, Felice Lev

ini, and Ugo Giletta weave reflections on European historical memory with a critical perspective on the colonial past and its ongoing impact.

Artists working across Africa and Europe, like Kader Attia, Maria Magdalena Campos, and Theo Eshetu, explore transdisciplinary practices that interrogate the complexity of hybrid identities and collective narratives.

This multiplicity of voices forms a compelling visual dialogue that invites the viewer to critically reflect on the colonial past and its enduring presence today.

As Simon Njami writes:

“This exhibition is necessary. It paints a harrowing portrait of historical inertia and our inability to learn from the past. History does not belong to a single people—it is the eruption of encounter.”

NAFRICAMASCHERE is conceived as a traveling exhibition, capable of evolving with each iteration—integrating new works,

voices, and dialogues as it moves through different contexts. Its curatorial vision is not to offer closure but to spark confrontation, recognition, and reimagining.

curatorial biography 

Simon Njami is a curator, writer and theorist of contemporary art, with a specific focus on African and diaspora artistic practices. Born in Lausanne in 1962 to Cameroonian parents, Njami has devoted much of his career to dismantling Eurocentric narratives about Africa, redefining the boundaries of global artistic discourse. He curated the renowned travelling exhibition Africa Remix (2004–2007), which was shown in major international museums including the Centre Pompidou (Paris), the Hayward Gallery (London) and the Mori Art Museum (Tokyo), and is

considered a milestone in the reinterpretation of contemporary African art. Njami has been artistic director of the Dakar Biennale (Dak’Art) for several editions and co-founder of the Réseau panafricain pour l’art contemporain, which is committed to training and promoting young African curators and artists. From 2013 to 2017, he directed the Bamako Photography Biennale, radically renewing its curatorial approach.

He is also the author of numerous essays, novels and critical texts, including collaborations with institutions such as the Rietberg Museum (Zurich), MACBA (Barcelona), the Gulbenkian Foundation (Lisbon) and the Musée d’Orsay (Paris). He has curated exhibitions around the world, from the Venice Biennale to the Johannesburg Art Gallery, contributing significantly to the definition of a postcolonial vision of contemporary art.

Artists in the Exhibition

NAFRICAMASCHERE features 25 contemporary artists from Africa, the diaspora, and Europe. These artists engage with colonial legacies, explore complex identities, and practice cultural resistance through diverse media including sculpture, photography, performance, and installation.

African and diasporic artists such as Pascal Marthine Tayou, Michèle Magema, Meschac Gaba, Kudzanai Chiurai, Zanele Muholi, and Maurice Pefura examine themes of historical memory, the body, and identity politics.

European artists including Bruno Ceccobelli, Antonio Biasiucci, Felice Levini, and Ugo Giletta weave reflections on European historical memory with a critical perspective on the colonial past and its ongoing impact.

Artists working across Africa and Europe, like Kader Attia, Maria Magdalena Campos, and Theo Eshetu, explore transdisciplinary practices that interrogate the complexity of hybrid identities and collective narratives.

This multiplicity of voices forms a compelling visual dialogue that invites the viewer to critically reflect on the colonial past and its enduring presence today.

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