Da venerdì 25 giugno sulle principali piattaforme digitali
il nuovo album solista del musicista | producer napoletano
già David di Donatello e multiplatino con
Ernia, Luchè, Gué Pequeno
e autore della soundtrack del film “5 è il numero perfetto” di IGORT
tra i partner di questo viaggio, Scialdone, Diego Leanza, Startuffo
e Raiz per una speciale versione di “Shine On You Crazy Diamond”
È un ritorno alla fonte, alla genesi del linguaggio, per D-ROSS, musicista e producer napoletano già David di Donatello con i Manetti Bros e autore di hit
celebrate con riconoscimenti di platino in più segmenti del mercato musicale. Rosario Castagnola – questo il suo certificato di nascita – ritorna a distanza di tre anni
con un nuovo progetto solista, autoprodotto, autonomo, indipendente, su etichetta RC Music di cui è egli stesso titolare. “Origin” è un vocabolo
inequivocabile che testimonia la natura del suono di questo artista trasversale, curioso, instancabile. Un ricercatore dei sentimenti e di come questi possano essere
filtrati attraverso le corde di una chitarra. Quando è una Fender Stratocaster, poi, è sempre meglio.
“Quest’album nasce per una radicale esigenza personale – spiega il musicista che è spesso in regia per Fabri Fibra, Marracash, Raiz, Tropico, Franco Ricciardi,
Emis Killa, Clementino, CoCo e Francesca Michielin – e va al di là del mio ruolo canonico di producer. Io sono, mi sento e vivo da musicista. È questa la mia origine.
Vengo dalle chitarre, dal rock, dal blues. La mia fonte è la musica suonata. “Origin” è un disco adolescente. Più che l’ingenuità di quella fase di vita che accomuna tutti,
se dovessi attribuire una dote a questa collezione è la strafottenza. Non ho tarato la tracklist ragionando se funziona o non funziona, vende o non vende. Me ne fotto.
Sentivo il desiderio di sperimentare con chitarre, bassi, amplificatori, fuzz, compressori. Si tratta di strumenti e apparecchiature che ho cercato, comprato e
custodito nel tempo e con cui metto a fuoco il mio mood, i sentimenti creativi. È un album che mi riavvicina alla scoperta della musica sebbene in ogni produzione che
faccio si rintraccino sempre i riferimenti alle fondamenta del palazzo. Che poi si trasformino in materiale hip hop, colonne sonore, urban, è un dettaglio secondario”.
Tredici tracce [12 inedite e 1 cover di lusso] che spaziano dall’elettricità noise al garage, dal funk-blues-gospel alle melodie allucinate, tra ballad soffici e
intuizioni aspre. Fino agli spigoli no border di un rock che è ora classic ora fluttuante in nuovi lidi estetici. “Attraverso il mio stile emerge la mia
matrice – sostiene D-ROSS – Non si tratta mica di essere autoreferenziale. Si tratta di rivelare gli stati d’animo, le sensazioni, le illuminazioni. Ed è per
questo che le tracce non hanno testi e sono quasi tutte strumentali; eccezion fatta per il nostro saluto ai Pink Floyd in quest’anno in cui si celebra il 50°
anniversario del loro magnetico ‘Live at Pompeii’. La mia priorità, per questo disco, è il suono, la melodia, l’andatura. E poi diciamoci la verità: non vedo in giro
tantissimi talenti nella scrittura delle parole. Spesso ho la fortuna di fare viaggi artistici con persone che sanno maneggiare verbi e aggettivi, personaggi e immagini. Ma qui era legittimo che a prendere spazio
fossero i territori sonori, come teorizza proprio David Gilmour. Così ‘Origin’ diventa il mio film muto. Perché gli strumentali dicono tanto: aprono scenari,
emotività, spalancano visioni, emozioni. E raccontano. Naturalmente dipende dalla singola sensibilità degli ascoltatori. Chi fruisce della musica può generare di volta
in volta la sua storia e magari saprà pian piano rintracciare le mie reference storiche: Jimi Hendrix, il blues di Chicago, Pink Floyd, Muddy Waters, Son
House, Led Zeppelin, Jeff Beck, Nirvana. Mi ritengo un curioso della composizione. Ho 43 anni e sono attento ai titoli d’antan e a ciò che nasce quotidianamente nel music
biz. Questa raccolta – aggiunge D-ROSS – si è accumulata e costruita nel tempo. Non è stata generata affatto con una finalità e una tempistica pandemica. Facendo
costantemente progetti musicali per terzi – per così dire – so che in questo secondo progetto solista è concentrata la mia fase più intima. Non pensata, istantanea”.
A tre anni dal debutto solista avvenuto con Large, D-ROSS riporta nuovamente la luce sulle sue profondità, alternando dimensioni da forma-canzone a interludi, facce
esplicite e malinconiche: “Quello del 2018 era più un disco da producer, su paesaggi sonici spesso sintetici. Stavolta prevale il mio spirito da chitarrista e da rocker.
La chitarra è assoluta protagonista; era giusto e sensato che fosse così finalmente. La mia storia con la musica inizia da molto lontano, tra i banchi della scuola media
nel Rione Luzzatti (laddove è ambientata la famosa vicenda letteraria della saga L’amica geniale) al termine degli anni ‘80. Il padre di un amico di classe mi battezzò
con i riff di Hendrix, AC/DC, Deep Purple, Led Zeppelin. Poi vidi in televisione un concerto di Vasco Rossi, sentii suonare la chitarra da Andrea Braido e decisi: io
voglio suonare quella musica. Ho studiato su strade parallele, fuori dal Conservatorio. Sono riuscito a portare avanti il mio credo e oggi propongo una
nuova idea del mio sound”.