Si chiamava Hayat Fatimi, ma a Foggia tutti la conoscevano come Anna. È lei la donna uccisa a coltellate nella notte tra il 6 e il 7 agosto, a pochi metri dalla sua abitazione. Per l’omicidio è stato fermato, dopo ore di fuga, Tariq El Mefedel, 46 anni, connazionale ed ex compagno della vittima, già denunciato in passato da Hayat. L’uomo, in possesso di regolare permesso di soggiorno ma senza fissa dimora, è stato individuato a Roma e arrestato dai carabinieri dopo un inseguimento. Indossava ancora vestiti sporchi di sangue.
Chi la conosceva descrive Hayat come una persona generosa e dal cuore grande. Marocchina di origine, viveva in Italia da diversi anni; a Foggia aveva comprato casa e lavorava come cuoca in un ristorante. La relazione con Tariq era durata poco: lei lo aveva lasciato subito per la sua violenza. Nonostante la separazione, l’uomo aveva continuato a minacciarla e seguirla, al punto che la donna si era rivolta a un centro antiviolenza.
«La signora stava seguendo un percorso con noi – ha raccontato a Fanpage.it Francesca Vecera, coordinatrice del CAV – e abbiamo fatto tutte le segnalazioni possibili. Ma alcune decisioni spettano alla magistratura, non ai centri antiviolenza. Non possiamo sostituirci al loro lavoro».
Anche amici e colleghi erano consapevoli del pericolo che correva. «Tutti sapevano che Hayat era in pericolo di vita – ha detto Gianfranco Abazia, titolare del ristorante dove lavorava da circa un anno e mezzo –. Anna era spaventata. Più volte gli aveva detto che era finita, ma lui non voleva accettarlo». Abazia ha raccontato di averla spesso accompagnata a casa per proteggerla e di episodi inquietanti, come quando l’ex compagno pubblicò su Facebook una sua foto in stile necrologio.
Secondo il ristoratore, in più occasioni Hayat aveva chiamato le forze dell’ordine per farsi scortare fino a casa. Anche in questura, a suo dire, erano preoccupati per lei: «Perché non è stato fatto tutto il possibile per fermarlo? Era ogni sera davanti alla sua abitazione, lo conoscevano anche i vicini. Perché aspettare di arrestarlo a Roma, quando ormai era troppo tardi?».
La sera del delitto, la vittima aveva notato la presenza dell’uomo e aveva avvisato la polizia, ma quando gli agenti sono arrivati non c’era già più nulla da fare. Tariq El Mefedel era sottoposto a un divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico, che tuttavia non gli era stato applicato per motivi tecnici. A luglio, inoltre, era stato emesso nei suoi confronti un ordine di arresto in carcere, mai eseguito perché senza fissa dimora.
Fonte: Fanpage.it