Due zigopter, anche conosciuti come damigelle, sulle rive del Po. (foto: Alberto Ghizzi Panizza / Barcrof / Barcroft Media via Getty Images)
Sul finire del 2018 Adelphi ha pubblicato in Italia Il libro degli esseri a malapena immaginabili di Caspar Henderson, che descrive alcune creature alquanto bizzarre ma realmente esistenti, come
il diavolo spinoso, la farfalla di mare o l’orso d’acqua. “Un bestiario del ventunesimo secolo”, recita il titolo originale, ma che presto sarà molto simile a quello del ventesimo secolo: il Libro sugli
esseri immaginari, pubblicato da Jorge Luis Borges nel 1967, perché presto tutti quegli animali non esisteranno più. La questione, però, è molto più allarmante: entro pochi decenni circa il
75% delle specie viventi scomparirà dalla Terra. In altre parole: è in corso la sesta estinzione di massa.
Già per cinque volte – in 540 milioni di anni – la maggior parte degli esseri viventi è scomparsa dal pianeta: l’ultima volta 65 milioni di anni fa, nell’episodio più famoso che nell’immaginario
collettivo è legato all’estinzione dei dinosauri, sebbene riguardò anche moltissime specie vegetali, pesci primitivi e batteri. Un’estinzione di massa è una transizione biotica che ha una durata
geologica relativamente breve, nella quale l’ecosistema terrestre subisce un profondo cambiamento e che per cause di origine diversa è legato all’aumento della concentrazione di carbonio
nell’atmosfera e negli oceani.
Secondo le previsioni di Daniel Rothman – geofisico del Mit di Boston che ha comparato il ciclo del carbonio nei periodi in cui sono avvenute le altre estinzioni di massa – già da qualche anno è in
atto un aumento dei valori tale da innescare il processo di estinzione, che entro il 2100 raggiungerà il suo apice e impiegherà circa diecimila anni trovare un nuovo equilibrio.
L’aspetto più drammatico è che per la prima volta in miliardi di anni, a causare l’anomalo l’aumento della concentrazione di carbonio è l’essere umano. Secondo un recente studio del Wwf,
negli ultimi 40 anni l’uomo ha eliminato il 60% delle altre specie viventi e le statistiche vanno di pari passo con l’aumento di Co2.Si tratta della più grande crisi delle biodiversità da quando
esistiamo: perdiamo tremila specie ogni anno, tre ogni ora, con un tasso di estinzione cento volte più elevato del normale, secondo Science Advance.
Come se non bastasse, circa il 30% dei vertebrati stia diminuendo in numero di individui e in espansione geografica. Secondo la Iucn (International Union for Conservation of Nature), che
ciclicamente stila la Lista rossa delle specie a rischio, un quarto dei mammiferi e un ottavo degli uccelli sono oggi a rischio di estinzione. Attualmente conosciamo circa due milioni di specie
animali e vegetali, ma si stima che negli abissi dell’oceano o nelle foreste tropicali ci siano altre decine di milioni di specie sconosciute e che rischiano di estinguersi.
La sesta estinzione di massa è anche detta Estinzione dell’Olocene, l’era geologica iniziata circa 11700 anni fa, che da qualche decennio, secondo una tesi condivisa pressoché da tutta la
comunità scientifica, ha lasciato il passo a una nuova fase, quella dell’ Antropocene, l’era geologica in cui le attività dell’essere umano stanno cambiando in maniera significativa e irreversibile le
strutture territoriali, gli ecosistemi e il clima sul pianeta Terra.
Tra le cause principali che hanno innescato l’estinzione di massa, c’è ovviamente il surriscaldamento globale i cui dati ogni giorno sono più allarmanti: gli ultimi cinque anni sono stati
progressivamente i più caldi mai registrati (e andrà sempre peggio), nel 2018 gli oceani hanno raggiunto temperature record e ovviamente la calotta glaciale in Antartide si scioglie con una
rapidità sei volte più rapida rispetto a quarant’anni fa, secondo un report divulgato dalla rivista Pnas (Proceedings of the national academy of sciences) più o meno negli stessi giorni in cui il
Giappone abbandonava gli accordi internazionali per ripristinare la caccia alle balene (che comunque nel frattempo continuano a morire piene di plastica nello stomaco: una fine che in maniera
ancora più inquietante rischiamo di fare anche noi esseri umani).
Dati che ormai non possono più essere definiti allarmanti, ma sarebbe giusto considerare apocalittici, arrivano anche dalle statistiche sul consumo di carne, il cui abuso è stato strettamente
collegato alle emissioni di gas e all’aumento dell’effetto serra. Parlando di conseguenze che solo all’apparenza sembrano più futili, a causa del riscaldamento globale, presto potremmo ritrovarci
anche senza birra o senza caffè.
Da oltre un decennio si parla della progressiva scomparsa delle farfalle o delle api, e di recente anche di dati catastrofici e delle conseguenze gravissime legate scomparsa di moltissime specie di
insetti, che dimostrano quanto l’estinzione sia in corso ogni minuto che passa, in ogni habitat.
Probabilmente molti di noi vivranno abbastanza a lungo per veder scomparire specie animali o insetti che non erano a rischio fino a pochi anni fa e che abbiamo studiato a scuola o visto nei
cartoni animati: perché, se non fosse chiaro, al contrario di tutti gli altri mammiferi la quantità di esseri umani sulla Terra continua a crescere. E continuando così rimarremo soli, una sorte di
gran lunga peggiore dell’estinzione.
«L’attuale tasso di estinzione supera quello alla fine del Cretaceo, quando si sono estinti i dinosauri». E’ l’allarmante conclusione dello studio “Current extinction rate
in European freshwater
gastropods greatly exceeds that of the late Cretaceous mass extinction”, pubblicato su Communications Earth & Environment da un team internazionale condotto dalla
Justus-Liebig-Universität
Gießen (JLU) di Giessen, che evidenzia che «La biodiversità negli ecosistemi di acqua dolce sta diminuendo drasticamente; numerose specie sono minacciate di estinzione,
principalmente come
risultato diretto o indiretto di influenze umane. Il degrado degli habitat, i cambiamenti climatici, lo sfruttamento eccessivo, l’inquinamento e le specie invasive sono le cause principali del rapido
declino della biodiversità sulla Terra».
Il principale autore dello studio, Thomas Neubauer dell’Institut für Tierökologie und Spezielle Zoologie della JLU, avverte c he «Possono essere necessari milioni di anni per invertire il danno che
viene ora causato in decenni e secoli».
Per cercare di capire quale sia il ritmo della sesta estinzione di massa che stiamo vivendo un team multidisciplinare di biologi evolutivi, paleontologi e geologi ha confrontato
la crisi odierna con la
quinta estinzione di massa che fu il risultato dell’impatto di un asteroide avvenuto 66 milioni di anni fa che spazzò via circa il 76% di tutte le specie del pianeta, compresi interi
gruppi di animali
come i dinosauri. Nel nuovo studio, il team di ricerca internazionale si è concentrato sui biota d’acqua dolce, che sono tra i più minacciati al mondo, e ha raccolto un ampio dataset
di circa 3.400
specie di lumache fossili e viventi, che sono state presenti in Europa negli ultimi 200 milioni di anni. E’ così che gli scienziati hanno stimato i tassi di comparsa ed estinzione
delle specie.
I risultati dello studio dimostrano che «Sebbene il tasso di estinzione durante la quinta estinzione di massa fosse considerevolmente più alto di quanto precedentemente ipotizzato
per il biota
d’acqua dolce, per la prevista futura estinzione il tasso dell’attuale sesta estinzione di massa lo ha chiaramente superato. In media, il tasso di estinzione previsto era circa 1.000
volte quello che
era durante l’estinzione dei dinosauri».
Neubauer evidenzia che «Già nel 2120, un terzo delle specie viventi d’acqua dolce potrebbe essere scomparso. La velocità con la quale oggi stiamo perdendo è senza precedenti e non è stata
nemmeno raggiunta in passato durante le principali crisi di estinzione».
La perdita di specie determina cambiamenti nelle comunità di specie e ha effetti a lungo termine su interi ecosistemi. Eppure, l’umanità dipende dal funzionamento dei sistemi di acqua dolce per
mantenersi in salute, nutrirsi e per l’approvvigionamento idrico.
Le nuove scoperte del team di scienziati sulla quinta estinzione di massa mostrano anche una prospettiva preoccupante per il futuro: «Sebbene la causa della crescente estinzione all’epoca – un
impatto di un asteroide sulla penisola dello Yucatán in Messico – fosse un breve evento geologico a termine, il tasso di estinzione è rimasto elevato per circa 5 milioni di anni. Questo è stato
seguito da una fase di recupero ancora più lunga. In totale, ci sono voluti quasi 12 milioni di anni per ristabilire l’equilibrio tra l’emergere e la scomparsa delle specie».
Neubauer conclude: «Anche se l’impatto umano sulla flora e la fauna cessasse oggi, il tasso di estinzione rimarrà probabilmente alto per un periodo di tempo più lungo. Dato che l’attuale crisi
della biodiversità sta progredendo molto più velocemente dell’estinzione di massa di 66 milioni di anni fa, il periodo di recupero potrà essere anche più lungo. Nonostante la nostra breve
esistenza sulla Terra, ci siamo assicurati che gli effetti delle nostre azioni dureranno per milioni di anni».