Cambia la strategia di gestione dell’ipercolesterolemia: non più l’impiego tempestivo di terapie innovative, in aggiunta alle statine, solo in chi ha già avuto l’infarto, ma anche in chi non lo ha mai avuto, per proteggerlo prima che la malattia aterosclerotica si manifesti con un evento acuto. Una svolta dalla prevenzione secondaria alla
primaria, dal momento che il 50% degli infarti avviene in soggetti senza un evento pregresso. Il trattamento dei pazienti “senza evento” è la nuova sfida della prevenzione cardiovascolare. A richiamare l’attenzione in questa direzione e sulla necessità di ottimizzare il controllo lipidico anche in questa categoria di pazienti,
sono gli esperti della Società Italiana di Cardiologia (SIC) riuniti a Roma fino 7 dicembre, per l’86esimo Congresso nazionale. Una novità, rispetto al passato, introdotta dall’aggiornamento delle Linee Guida europee sulle dislipidemie che potrebbe salvare, in futuro, la vita di migliaia di pazienti
Allarme cardiologi, 600 infarti ogni giorno: il 50% arriva in pazienti senza un evento pregresso. Perrone Filardi (SIC) “Svolta nella gestione dell’aterosclerosi: impedire i primi infarti trattando la malattia sin da subito con le terapie migliori”
A supporto di questo nuovo paradigma, i risultati dello studio VESALIUS-CV, pubblicato di recente sul New England Journal of Medicine, che, per la prima volta, hanno dimostrato l’efficacia, in prevenzione primaria, di un inibitore della PCSK9, in pazienti che non hanno mai avuto un infarto. Un’arma in più arriva anche da una nuova pillola anti-colesterolo da assumere una volta al giorno che permetterà, per la prima volta, di avere in forma orale un inibitore di PCSK9, per contrastare la scarsa aderenza terapeutica ancora dilagante.
Roma, giovedì 4 dicembre 2025 – “La sfida per il futuro, sulla base degli studi attualmente in corso e delle nuove Linee Guida europee sulle dislipidemie, è curare la progressione della malattia aterosclerotica, stabilizzando le placche, per impedire i primi infarti”. A dichiararlo è Pasquale Perrone Filardi, presidente SIC e direttore del dipartimento di scienze biomediche avanzate dell’Università Federico II di Napoli, in occasione dell’86esimo Congresso nazionale, in corso a Roma fino al 7 dicembre. “Infatti – aggiunge -, la metà dei 600
attacchi cardiaci che si registrano ogni giorno in Italia, si manifesta senza essere preceduta, fino a quel momento, da un evento pregresso. Uno scenario che potrebbe essere scongiurato dall’impiego tempestivo, in questa categoria emergente di pazienti, delle terapie più innovative associate alle statine. Un nuovo paradigma che potrebbe salvare la vita di migliaia di pazienti, come evidenziato dallo studio VESALIUS-CV, il primo che ha dimostrato l’efficacia in prevenzione primaria di un inibitore PCSK9 in soggetti che non avevano mai avuto un infarto”.
STUDIO VESALIUS-CV APRE LA STRADA AL PASSAGGIO DALLA PREVENZIONE SECONDARIA ALLA PRIMARIA: DIMOSTRATA PER LA PRIMA VOLTA L’EFFICACIA DEGLI ANTI-PCSK9 ANCHE IN CHI NON HA GIÀ AVUTO L’INFARTO
“Il colesterolo cattivo alto è il fattore di rischio più rilevante per gli attacchi cardiaci anche in chi non ha mai avuto un evento acuto ma ha un alto rischio perchè non
riesce ad abbassare livelli elevati di colesterolo con le statine, seppure ben tollerate – dichiara Ciro Indolfi, professore staordinario di cardiologia all’Università di Cosenza e past-
president SIC -. La buona notizia arriva in ragione dei dati di efficacia fatti registrare dall’uso degli inibitori di PCSK9 proprio in questi pazienti, dallo studio VESALIUS-CV. Il lavoro, pubblicato di recente sul New England Journal of Medicine, apre la strada alla prevenzione primaria di eventi cardiovascolari, un risultato destinato a cambiare le strategie di prevenzione a livello globale”.
Il trial multicentrico condotto in 36 Paesi, ha seguito per oltre 4 anni 12.300 pazienti che non avevano mai avuto prima un evento cardiovascolare, ed erano già in trattamento con statine, per valutare l’efficacia di evolocumab e il suo impatto sulla riduzione della mortalità. “Per la prima volta, un anticorpo monoclonale inibitore di PCSK9, evolocumab, in associazione alle statine o altre terapie, ha dimostrato di ridurre in modo significativo, il rischio di infarto e ictus anche nei pazienti ad alto rischio che non avevano mai avuto un infarto pregresso – spiega
Indolfi -. Evolocumab diventa così il primo e unico inibitore di PCSK9 a dimostrare un beneficio in prevenzione primaria, che potrebbe salvare in futuro, la vita di migliaia di pazienti”.
ANCORA ALTA L’INERZIA TERAPEUTICA: ARRIVA IN AIUTO LA PRIMA PILLOLA ANTI-COLESTEROLO
Ma nella pratica clinica il raggiungimento del target di LDL resta una sfida complessa. “Purtroppo, rimane dilagante un’inerzia terapeutica che ancora continuiamo a riscontrare nei pazienti e ciò viene confermato anche dai dati real-world dell’EuroAspire VI, un programma multicentrico della Società Europea di Cardiologia, che monitora l’aderenza alle linee guida nella
prevenzione cardiovascolare, mostrando come, nonostante i progressi degli ultimi anni, il trattamento delle dislipidemie resti insufficiente – puntualizza Gianfranco Sinagra, presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia e direttore della Scuola di specializzazione e della Struttura Complessa di Cardiologia dell’Università di Trieste -. Solo il 16,8%
dei pazienti ad alto rischio raggiunge il livello soglia di 70 mg/dL del colesterolo LDL e soltanto l’8,0% dei pazienti ad altissimo rischio, scende al di sotto del valore target di 55 mg/dL del colesterolo LDL. Rappresenta un ostacolo significativo la scarsa aderenza, spesso imputata a una intolleranza solo presunta alle statine, reale nel 5-6% dei casi”.
Ma un’arma in più arriva oggi da una nuova pillola anti-colesterolo, da assumere una volta al giorno che permetterà, per la prima volta di avere un inibitore di PCSK9 in forma orale, agevolando l’aderenza alla terapia, grazie a una modalità di somministrazione più semplice ma ugualmente efficace e sicura.
“Enlicitide abbassa i livelli di colesterolo LDL offrendo un’efficacia e una specificità tipiche degli anticorpi monoclonali anti-PCSK9 in una compressa di facile utilizzo, aggiungendosi agli strumenti per ridurre ulteriormente il colesterolo “cattivo” e contribuendo a migliorare gli esiti dell’aterosclerosi – evidenzia Sinagra -. Ad oggi, negli studi di fase 3, il farmaco ha ridotto
significativamente il colesterolo LDL di oltre il 50%, con un’efficacia sovrapponibile a quella degli anticorpi monoclonali iniettivi e un profilo di sicurezza paragonabile al placebo, evidenziando il potenziale rivoluzionario del primo inibitore del PCSK9 orale”.
“Enlicitide – conclude Perrone Filardi -, rappresenta un’opzione che mira a colmare i bisogni terapeutici di tutta quella maggioranza dei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica che non riesce a ridurre il livello di colesterolo LDL alla soglia ideale per la propria condizione di rischio nonostante le terapie disponibili”.
Obesità: causa oltre 20mila morti l’anno per malattie cardiache. Cardiologi SIC “Legge Pella traguardo storico, ma inserire nei LEA anche cure per cardiopatici”
Roma, giovedì 4 dicembre 2025 – Allargare la rimborsabilità dei farmaci anti-obesità, che si sono rivelati molto efficaci non solo contro il diabete, ma anche nel proteggere il cuore, a chi ha problemi cardiaci oltre l’eccesso ponderale. È questa la richiesta che arriva dagli esperti della Società Italiana di Cardiologia (SIC), riuniti a Roma per il Congresso nazionale, che sottolineano il
ruolo chiave dell’obesità nel determinare le patologie cardiache. Ma anche come l’estensione della rimborsabilità dei nuovi farmaci anti-obesità oltre la cura del diabete, debba limitarsi alla categoria prioritaria delle fasce a rischio, e non trasformarsi in una spinta ulteriore a utilizzarli come scorciatoia per perdere peso rispetto ai corretti stili di vita che sono, e devono rimanere, la prima forma di prevenzione primaria.
“L’obesità provoca oltre 20mila decessi l’anno per problemi cardiovascolari, pari al 10% delle 220mila morti per patologie del cuore che ancora si registrano ogni anno in Italia. A livello globale sono stati stimati circa 2 milioni di decessi attribuibili a un indice di massa corporea elevato, cioè a sovrappeso e obesità, e alcuni recenti studi condotti negli Stati Uniti, mostrano che la mortalità per malattia cardiaca ischemica correlata all’obesità, è più che triplicata negli ultimi 15 anni, sottolineando un trend preoccupante – dichiara Perrone Filardi, presidente
SIC e direttore del dipartimento di scienze biomediche avanzate dell’Università Federico II di Napoli –. Il peso eccessivo è responsabile anche dell’insorgenza della metà delle malattie cardiache. Non solo infarto e ictus, ma anche scompenso cardiaco e fibrillazione atriale dipendono direttamente dai chili in eccesso, che affliggono 4 italiani su 10 obesi o in sovrappeso, spesso per molti anni, con una probabilità maggiore di sviluppare complicanze cardiovascolari per ogni anno vissuto con eccesso ponderale”, aggiunge Perrone Filardi.
“Un quadro complessivo allarmante per cui l’obesità deve essere considerata un nuovo target terapeutico per la prevenzione delle malattie cardiache, reso possibile grazie alle innovative classi di farmaci anti-obesità che stanno dimostrando benefici che vanno oltre il trattamento dell’eccesso ponderale, con una significativa riduzione dell’incidenza di infarto e ictus”, afferma Gianfranco Sinagra, presidente eletto della Società Italiana di Cardiologia e direttore della Scuola di specializzazione e della Struttura Complessa di Cardiologia dell’Università di Trieste.
“Proprio in ragione dell’efficacia salva-cuore registrata da questi farmaci in recenti studi, con una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari fino al 40% – puntualizza Sinagra -, aprire alla loro rimborsabilità nei pazienti cardiopatici, e non a chi vuole prenderli come dimagrante estetico, significa garantire equità di accesso alle cure a una categoria di pazienti realmente a rischio. Un ampliamento in linea con quanto appena dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui i farmaci per la perdita di peso rappresentano un nuovo “capitolo” per la lotta, da parte dei servizi sanitari, all’obesità e alle malattie mortali di cui è causa”.
“Ma il contrasto all’obesità deve iniziare fin da piccoli perché è un problema sanitario e sociale che investe la prevenzione “primordiale”, quella che va fatta nei bambini perché l’Italia è il peggiore Paese europeo in termini di incidenza di obesità nei più piccoli – commenta Francesco Barillà, Presidente della Fondazione “Il Cuore Siamo Noi” della Società Italiana di
Cardiologia -. Serve dunque una politica finalizzata all’inserimento di ore obbligatorie di educazione alimentare, a partire dalle scuole primarie”. Un tema decisivo tra le priorità del Piano Strategico Nazionale per la Salute Cardiovascolare, messo a punto della Federazione Italiana di Cardiologia (FIC) in collaborazione con la SIC e l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi
(ANMCO). “Nel piano si punta, infatti, a promuovere campagne di educazione alimentare e di attività fisica, dalle scuole primarie fino ai luoghi di lavori, per disincentivare fattori di rischio modificabili legati a comportamenti e stili di vita come alimentazione scorretta e sedentarietà”, riferisce Ciro Indolfi, coordinatore del documento e professore straordinario di Cardiologia all’Università di Cosenza e past-president SIC.
“Siamo quindi disponibili a offrire il nostro contributo attraverso attività di ricerca e conoscenza scientifica per fare interventi di lotta all’obesità in sinergia con le istituzioni, al fine di migliorare e salvaguardare la salute cardiovascolare dei cittadini fin dall’infanzia”, conclude Perrone Filardi.