La donna, accusata di aver lasciato morire la figlia di 18 mesi, risulta essere perfettamente in grado di rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni
A differenza ,di quanto sostenuto dalle indagate nella perizia finita al centro delle contestazione Alessia Pifferi è perfettamente in grado di rendersi conto delle conseguenze delle proprie azioni.
Le intercettazioni, agli atti d’inchiesta, della mamma che ha lasciato morire di fame la sua bambina, Diana, di 18 mesi tratteggiano bene la sua personalità.
“Io in carcere con la Mas sto benissimo. Mi sono anche messa a cucinare con il fornellino. Ma lo sai che la cucina è la mia passione?”. “La cucina, davvero?”, le chiede una delle psicologhe. Pifferi: “Si si”. La psicologa: “Ma cosa fai di buono?”.
Pifferi: “Dunque.. ho cucinato i funghi trifolati, con le polpettine di carne, poi i funghi con la pasta e la panna. E poi alla sera facciamo anche le mele cotte!”
La psicologa: “No ma allora dobbiamo mangiare qui! Ma la parmigiana come la fai?”.
La Pifferi, a differenza della relazione che dichiara una capacità da bambina di sette anni, ha in realtà la capacità anche di essere sarcastica, in particolare quando parla riferendosi al pubblico ministero.
Pifferi: “Se il pm ha intenzione di parlare per otto ore, alla prossima udienza preparerò un thermos di caffè per tutti”. (Risate).
E fra l’altro la Pifferi, sempre nei colloqui con le psicologhe indagate, fa un inquietante riferimento a un “piano” che la riguarderebbe. “So che c’è un piano… So che farò un atto ad aprile perché il quattro di marzo c’è una udienza”. Psicologa: “Fra marzo e aprile finirà tutto… tu stai tranquilla.
Secondo la Procura, ci sono stati cinque incontri in carcere, tra il 6 dicembre e il primo gennaio, tra Pifferi e le psicologhe, mentre le attività della perizia psichiatrica (che sarà depositata a fine febbraio) erano in corso.
E ci sarebbero stati “contatti frequenti tra l’attuale difensore” e una delle due psicologhe.
Il pubblico ministero inquadra tutto ciò come una “anomalia”, tenuto conto che “di norma gli esperti del carcere non hanno contatti diretti con i difensori delle persone detenute”.
E nei colloqui con Pifferi le psicologhe “si soffermano esclusivamente sull’aspetto processuale della vicenda”, tralasciando il “supporto psicologico”, unica attività di cui avrebbero dovuto occuparsi.
Intanto, anche oggi a Pomeriggio Cinque, il programma di informazione e di attualità, è stato ritagliato uno spazio per dibattere sul caso di Alessia Pifferi, la mamma di Diana, la bimba morta di stenti a soli 18 mesi.
Sono indagate con le ipotesi di reato di favoreggiamento e falso ideologico le due psicologhe del carcere di San Vittore.
Alle due, che sono state perquisite dalla Polizia penitenziaria, si aggiunge anche, in concorso, l’avvocato Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi.
Pifferi, accusata dell’omicidio pluriaggravato della figlia, aveva maturato con loro l’obiettivo della perizia psichiatrica come tesi difensiva alternativa.
In diretta con lo studio e con la conduttrice Myrta Merlino, la sorella di Alessia Pifferi ha offerto la sua testimonianza, raccontando che mai le è stato possibile aiutarla con la piccola Diana.
Lei ci faceva trovare la casa a posto, piena di roba quando io andavo là. Accudiva la bambina alla perfezione, quando noi la sentivamo, la chiamavamo.
Lei viveva a Bergamo, viveva con lui. Non ci permetteva di entrare nella sua vita”, ha detto la sorella di Alessia Pifferi.
“Ci sono le prove di questo: io mille volte le ho chiesto: lasciami la bambina.
Non dorme, sei stanca, lasciamela.Non me l’ha mai lasciata, neanche dieci minuti”, ha continuato la donna. A questo punto è intervenuta Merlino: “Abbiamo detto prima che oggi Diana avrebbe compiuto tre anni.
Questa bimba alla quale il destino ha riservato una fine atroce. Cosa ti rimane di questa bimba?”, ha chiesto. “Mi rimane il suo sorriso, il sorriso di quelle poche volte che ho potuto tenerla, abbracciarla”, ha risposto, aggiungendo poi con amarezza: “E il pensiero di quei giorni che ha passato da sola”.