Il presidente Vincenzo Schiavo: «In un periodo già di crisi economica per la contrazione di consumi dovuta alla pandemia le 31mila imprese della ristorazione della Campania devono pagare 25 milioni più IVA in più al mese per l’energia elettrica:
impossibile. Fallimenti e perdite dei posti di lavoro se lo Stato non interviene»
Confesercenti Campania alza la voce sul caro-bollette e sulle devastanti conseguenze che sta avendo sulle aziende della Campania e in generale sull’economia della nostra regione.
Il centro studi di Confesercenti ha messo in luce un aumento sull’energia elettrica, per le attività di ristorazione e somministrazione, con una percentuale che oscilla tra il 45% e il
53%. «Costi in più insostenibili per le aziende – sottolinea Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania e vicepresidente nazionale con delega al Mezzogiorno -.
In Campania ci sono 31.000 attività della ristorazione (bar, ristoranti, pizzerie, pasticcerie, paninoteche) che mediamente pagano una bolletta di
fornitura di energia elettrica che si aggira intorno ai €1.500 al mese e il loro aumento di dicembre è stato mediamente di €750.
Ciò significa che soltanto il settore della ristorazione campana ha avuto un rincaro di circa 25 milioni più IVA al mese. A questo insostenibile aumento, ovviamente, va aggiunta l’IVA del 22%,
che è un regalo alla comunità europea di ulteriori 5 milioni di euro al mese. Le nostre aziende, da sole, non possono sostenere questi aumenti.
Se il Governo non si deciderà ad intervenire in maniera seria e decisa, gli imprenditori campani saranno costretti ad alzare bandiera bianca».
Due esempi per eccellenza: un take away di 50 metriquadri ha subito un rincaro di oltre 330 euro nella bolletta di dicembre rispetto a quella di ottobre (da 430 euro a 770 circa), un ristorante di 240 metriquadri è passato da 2500 euro a 4700 circa.
«Nel nostro studio – aggiunge Schiavo – abbiamo considerato uffici, piccoli negozi e soprattutto attività come bar e ristoranti che hanno macchinari sempre in funzione, 24 ore su 24.
Questo aumento spaventoso che grava sulle aziende della nostra regione già piegate dalla crisi conseguente alla pandemia è dovuto non soltanto all’aumento del costo del chilowattore,
che sale di una percentuale del 35/40%, ma alla crescita ingiustificata e inspiegabile di moltissime voci in bolletta, quali la spesa del trasporto dell’energia, la gestione del contatore ed altre, nella misura del 10-20% circa.
Non è immaginabile che in piena crisi pandemica, con pochissima gente per strada, con i ristoranti e i bar semivuoti, il settore della ristorazione campana sia costretto a pagare 300
milioni in più all’anno di energia elettrica quando il fatturato è calato del 40-50% e in alcuni casi del 70%. E’ una follia».
In attesa di risposte concrete e immediate dal Governo, le attività di Confesercenti provano a trovare soluzioni-tampone, anche se palliative.
«Alcune grandi strutture – avverte il presidente Schiavo – , come i centri commerciali, stanno valutando l’idea di aprire mezz’ora più tardi e di chiudere mezz’ora prima.
Questa situazione, a cascata, si rifletterà drammaticamente anche sull’occupazione. E’ incredibile che si continuino ad appesantire i costi di gestione delle imprese.
Invece di mettere gli imprenditori nelle condizioni migliori per un rilancio dell’economia, stiamo ulteriormente caricando il loro fardello. La politica ha il dovere di intervenire in modo veloce e determinato».
DATI NAZIONALI SU CONTRAZIONE CONSUMI.
L’aumento dei contagi a causa della variante Omicron, il diffondersi dello smart working e l’aumento dei prezzi dei beni energetici mettono a rischio, nel solo primo trimestre del 2022,
circa 6,4 miliardi di euro di spesa su tutto il territorio italiano, cancellando la ripresa del secondo semestre del 2021. Una inversione di tendenza preoccupante rispetto alle previsioni
della precedente legge di bilancio, con effetti devastanti sull’economia del settore terziario. Tutti elementi che portano ad un nuovo lockdown di fatto: cambia la modalità dei consumi,
aumenta l’incertezza e la paura di spendere. In Italia assistiamo ad una contrazione fortissima degli introiti, dovuta a vari fattori:il 51% dei consumatori evita bar e ristoranti,
il 31% rinuncia ai viaggi e allo shopping per paura di assembramenti e contagi; il 48% del settore privato è in smart working e questo penalizza molto le attività di ristorazione e somministrazione, ma anche lo shopping.
A questi si aggiunga il blocco di turismo ed eventi, un albergo su tre è aperto ma ha il 20% di riempimento. Un quadro drammatico, con 200mila posti di lavoro a forte rischio senza proroga cassa Covid e 25mila imprese a rischio chiusura senza ristori adeguati.